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Epodi (Orazio)

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"Tanta quanta fra l'agnello e il lupo č l'avversione che separa noi due. Hai ancora i lombi che bruciano per le sferzate, e cammini con le caviglie rigide, abituate ai ceppi. Vattene pure in giro, tronfio dell'arroganza conferita dal denaro: i soldi non cambiano la razza"
- Orazio (Epodi, IV)

Gli Epodi sono diciassette componimenti del poeta latino Orazio pubblicati insieme al II libro delle Satire. Il nome epodo rimanda alla forma metrica del componimento, piů precisamente al verso corto che segue un verso piů lungo formando con esso un distico. Orazio li chiama giambi, riferendosi al ritmo ed alludendo al tono aggressivo tradizionalmente associato alla poesia giambica greca. Infatti giambo deriva dal greco Ă­ambos, derivato a sua volta da iáptein, "scagliare", e indica non solo il metro ma anche il genere della poesia giambica o satirica.

Sebbene sia caratteristico degli epodi un linguaggio che indugia sugli aspetti piů crudi e talvolta ripugnanti della realtĂ , la poesia giambica di Orazio può ospitare anche una dizione piů sorvegliata: accanto al poeta degli eccessi, emerge il poeta della misura.

La raccolta degli epodi č caratterizzata da una grande varietĂ  di argomenti: un componimento proemiale, indirizzato a Mecenate, carmi di invettiva, epodi erotici, epodi civili. La produzione giambica di Orazio č legata al periodo immediatamente successivo all'esperienza di Filippi.

A tale situazione di disagio sono forse connessi i toni aspri e polemici, il linguaggio poetico violento, mentre la successiva produzione poetica oraziana č caratterizzata da buon gusto, affabilitĂ , senso della misura; tuttavia tale aggressivitĂ  deriva anche dalle regole del genere e dalla "imitazione" dei modelli. Orazio rivendica la propria abilitĂ  versificatoria e l'originalitĂ : egli afferma di aver trasferito nella poesia latina i metri giambici (numeri) e l'ispirazione aggressiva (animi) di Archiloco (VII secolo AC), ma non i contenuti (res).

Orazio ribadisce quindi, che gli Epodi non sono traduzioni e che egli attinge a una realtà romana e personale, ma anche se disagi e amarezze potevano fargli sentire delle affinità con la passionalità e il feroce spirito polemico di Archiloco, questi però dava voce agli odi e ai rancori, alle passioni civili e alle tristezze di un aristocratico greco del VII secolo AC, mentre Orazio scriveva nella Roma dominata dai triumviri, era figlio di un liberto, era appena uscito da una difficile e rischiosa esperienza politica; di conseguenza, la sua aggressività poteva rivolgersi solo contro bersagli ritenuti "minori": personaggi scoloriti, anonimi, o addirittura fittizi (un usuraio, un arricchito, una fattucchiera, una signora invecchiata).

Tutto ciò ha contribuito a dare agli epodi un'impressione di artificiosità letteraria, ma, indipendentemente dal carattere reale o fittizio dei singoli bersagli, Orazio esprime le ansie e le passioni, le paure e le indignazioni di tutta una generazione. Per influsso dei Giambi di Callimaco (un altro dei modelli greci degli Epodi) Orazio doveva sentire connaturata a una raccolta giambica l'esigenza della varietà. Lavorando contemporaneamente a Satire ed Epodi, egli riservò a questi ultimi la molteplicità di temi, di toni e di livelli stilistici, che la tradizione romana assegnava alla satira.


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